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DOMUS CARNEA

Il Museo della Ceramica di Palazzo Botton è lieto di presentare Domus Carnea nuovo progetto espositivo del giovane artista Francesco Ardini (Padova,1986). La mostra inaugurerà venerdì 30 agosto 2013, presso la sede di Piazza Martiri della Libertà 28, in Castellamonte (TO). Coerente alla sua più recente produzione, Francesco Ardini si confronta nuovamente con l’ambito del domestico, inteso come spazio-presenza di un vivere sintomatico, portando l’espressione visiva su di un piano di più elevata ed eterogenea estensione.
L’ausilio di un vocabolario mitologico, a lui sempre caro, manifesta l’inesauribile compresenza di artifizio e realtà, in DOMUS CARNEA Francesco Ardini allestisce un paesaggio di oggetti ordinari - accalcate stoviglie, lembi di cuoio – tra le sue mani divenuti esseri straordinari: sfingi memoriali di un abitabile ormai lontano dalla sua significazione più
comune. Seppur definisce l’estremo qualitativo dell’opera di Francesco Ardini, la ceramica è l’azione postuma del suo flusso creativo. Essa viene a posteriori, come naturale conseguenza di una lettura poetica delle realtà, inscritta nell’accorta e meticolosa azione manipolatoria del dato oggettivo, riportata successivamente nell’alterazione dell'idea alla materia stessa. Contestualizzata da sempre nell’ambiente domestico, dove qui, per lo più si esaurisce, la ceramica acquisisce in questo percorso nuova fisionomia: l’artista ne analizza gli usi e i consumi mettendo in discussione la funzione primaria quale di suppellettile, andando a modificarne oltre che la natura, il suo processo di formazione plastica.
La trasmutazione si diffonde come un folgorante gesto kafkiano, rigorosi e curvilinei frammenti ricoprono l’intero spartito espositivo, corpi fusi negli ambienti di una probabile dimora, divengo il pretesto ideale per allargare la riflessione a circonstanze quotidiane di psicopatologia. Ogni opera registra il passaggio di azioni caleidoscopiche: ideazione, modellazione materica, metamorfosi fisica, assemblatura, composizione e collocazione, osservazione, interpretazione. Immaginazione. Domus Carnea è il domicilio di un' opificio esistenziale, privo di attori se non nella manifestazione medesima della loro assenza, riempito da una continua tensione che inerme, riflette un profondo sentimento di disagio. Con Francesco Ardini il campo psicologico si concentra in un'individualità totalizzante, le sue opere apparecchiano le linee dell' archetipo sociale contemporaneo: l'unità e la condivisione famigliare tipica del secoli scorsi è sovvertita dalle nuove abitudini domestiche, specchio di un'odissea fra la soggettività dell'artista e la coscienza collettiva. La proliferazione discorsiva è ben affronta nell'ingombro virtuoso dell' installazione Inquitudini fra me e te
(100x80xh75 ceramica da tavola per due persone in terraglia e smalto bianco lucido, insetti e piccoli animali cotti nella porcellana 1300°C, metallo), situata nella prima sala, composta da una seduta a tavola per due persone, rappresentazione cacofonica di un momento conviviale alterato dalla multiformità fantasmagorica di tutti gli elementi.
Volumi sul Disgusto (VOL1 h2,20 D45 e VOL2 h1,70 D45. Composizione di forme in terraglia -1100°C- smaltata in rosa carne semilucido, bianco lucido e nero opaco 980°C, struttura in metallo con flangia di acciaio), presente nella sala successiva, ripete l'architettura caotica della prima, estendono i vertici alle diramazioni cromatiche oltreché spaziali. La scelta di un rosa carneo recita il fisico e il fragile dei sentimenti, accostato alla tonalità piena del nero cinereo, che suggerisce il fermo raziocinio, aggrava sulla spettacolarizzazione percettiva, innescando come in un circo, una
mirabile e alienante tauramachia fra bestie ed umanità. A chiudere, l'estrema maestria resa in Manufatti Vissuti (carrello piccolo 50X1,10xh=1,30m e sedia 1mx50cmxh=80cm. Attrezzatura in disuso, porcellana 1220°C), fazzoletti di cuoio, realizzati in finissima e nobile porcellana, appesi come macelli su carrelli ferrosi, rimbombano di funebre
silenzio, inevitabile rimando all'oggetto di Vanitas, una compresenza osmotica che manifesta l'eterea caducità e precarietà dell'esistenza.

Testo a cura di GERALDINE ZODO 

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